Celebration (Florida) – Uno store del “made in Italy” per una città irreale – IED Design – Esercitazione 3 – 2010-11

D – IED, Milano. Anno accademico 2010-2011

Cattedra di sociologia.

Esercitazione numero TRE.

Giovedì 14 aprile 2011

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Celebration (Florida)

(Uno store del “made in Italy” per una città irreale)

Thomas More (1478-1535) ha inventato un luogo che si chiama Utopia, che non sta da nessuna parte, è attraversato da un fiume, Anhydris, che è senz’acqua, la sua capitale è Amaurote, una città fantasma, il suo principe si chiama Ademus, perché è senza un popolo e i suoi abitanti si chiamano Alaopolites, perché non hanno una città. Gli abitanti di Utopia hanno per vicini gli Achoréens, sono uomini senza un paese.

Una strada diretta collega questa cittadina della contea di Osceola al Walt Disney World.

Rappresenta il suo cordone ombelicale, che la inserisce al centro di un Mandala tantrico, in un gioco di monumenti fallici ai confini di una semiologia ostetrica e ginecologica, ricca di alberi, fontane e campanili. (Non per caso hanno chiamato una sua strada “Wisteria Lane, come una delle protagoniste di Desperate Housewives.)

Dunque, una piccola città con sette chiese cristiane, una congregazione ebraica e un ospedale che, come recita il suo nome, celebra, ogni anno, mostre d’arte, di artigianato, un curioso raduno di auto esotiche, un Great American Pie Festival, un “Posh Pooch” festival, i fuochi del “quattro di luglio”, un Oktoberfest, l’arrivo dell’autunno, e perfino la prima neve che viene sostituita, quando non c’è, con un’esposizione di “palle di neve” o, meglio, di plastic snowdomes and glass snowglobes.

Celebration, a dispetto della tradizione americana, non ha una Main Street, formalmente perché già esiste una strada con questo nome nella contea, al suo posto, però, ha una Market Street per la gioia dei suoi tremila e passa abitanti che possono contare su un reddito medio per famiglia intorno ai centomila dollari.

L’età di Celebration si conta ancora con le dita della mano e la Disney Development Company, che l’ha progettata, l’ha voluta omogenea nel suo stile.

Uno stile in cui l’ornamento, ripensato acriticamente con un art-deco da operetta hollywodiana e un razionalismo da “Lego Club”, si mescola ad inverosimili facciate con colonne nei colori pastello esaltando i dettagli, tra giardinetti pettinati, opere d’arte topiaria, balocchi ed insegne, laghetti con getti d’acqua illuminati.

In questo sogno di cartapesta, l’ordine, la quiete, la ricchezza, la sparizione della storia nascondono il culmine della violenza simbolica, perché eliminano dall’idea di felicità ogni suo carattere soggettivo.

Qui, l’arroganza dei worldmenders del capitale finanziario ha rimpiazzato le utopie sociali e politiche (che sono sempre state caratterizzate da passioni rigorose battute da un vento di follia) con le utopie tecniche, capaci di realizzare una formidabile economia del reale che, però, ha il suo topos fuori dalla storia, oltre ogni speranza, nei deserti della forma di spettacolo. Così, quella incommensurabile distanza – che una volta fondava l’ontologia classica – tra l’idea e la realtà, il possibile e l’attuale, il necessario e l’utile ha perso a Celebration ogni senso.

Ad un piano urbanistico rigoroso dei luoghi corrisponde un programma rigoroso della vita dei suoi abitanti.

Paradossalmente questo “sito abitativo protetto” fuori dalla storia è ossessionato dall’impiego del tempo che qui non può lasciare all’imprevisto nessun margine, né spezzarsi tra tempo di lavoro e tempo libero. A Celebration incombe un’idea di tempo sociale per il quale l’ozio, a dispetto di Paul Lafargue, è il più grande dei delitti!

Tommaso Campanella (1568-1639) in La città del sole, fissava la periodicità delle relazioni sessuali: “ogni tre giorni, dopo la digestione…”. A Celebration anche queste prescrizioni non servono più, l’esistenza stessa è divenuta mera rappresentazione, confondendo l’intenzione che l’ha

fondata con il modo che la domina.

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Obiettivo dell’esercitazione è di “progettare” un logo, un manifesto, un evento per l’apertura di uno store a Celebration dedicato al “made in italy” capace d’intercettare lo spirito, le idee e l’atmosfera di questa cittadina.

Ogni gruppo può elaborare le immagini di questo interno con il mezzo espressivo che ritiene più opportuno, disegno, foto, fumetto, collage, rappresentazione elaborata per via elettronica.

L’elaborato dovrà essere consegnato in copia su dischetto, accompagnato da una breve relazione esplicativa. Non sono accettati altri supporti.

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Luoghi immaginari. Si può “progettare” una carta dei sogni? – IED Design – Esercitazione 2 – 2010-11

D – IED, Milano. Anno accademico 2010-2011

Cattedra di sociologia.
Esercitazione numero DUE.

Giovedì 7 aprile

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Luoghi immaginari. Si può “progettare” una carta dei sogni?

Sul piano individuale l’immaginario testimonia della soggettività degli individui ed esso appartiene alla singolarità delle storie personali

Lasciò alla sua assistente il compito di rispondere al telefono e chiudere lo studio. Era ansiosa di ritirare dal corniciaio sulla Mühle Gasse l’ultimo suo acquisto, un’incisione della fine del XVII secolo di La Carte du Tendre, un paese immaginario ispirato da Clélie, Histoire romaine di Madeleine de Scudéry, Saffo, come l’avevano soprannominata secondo la moda del tempo i suoi ammiratori, che accorrevano numerosi ai suoi sabati licenziosi. Era una rappresentazione topografica e allegorica delle differenti tappe della vita amorosa secondo le «preziose» dell’epoca. Helga si era innamorata di questa incisione fin dal primo momento che l’aveva vista nella vetrina di un antiquario sulla Brunn Gasse, vicino alla Predigerkirche. L’incisione era rozza, ma esprimeva un candore surreale sotto il quale aveva intravisto un’impronta anatomica che le evocava, stilizzata, la regione pelvica femminile. Una personificazione retorica del potere virginale di Eva in un tempo in cui tutti si rifiutavano di riconoscerlo…”.

Madeleine de Scudéry 1607-1701), Saffo, è una delle figure letterarie più importanti del diciassettesimo secolo. La Scudéry è l’autrice dei due più lunghi romanzi della letteratura francese, una sorta di trattato di anatomia amorosa in cui sono minuziosamente descritte le gelosie, le inquietudini, le impazienze, le gioie, i disgusti, le disperazioni, le rivolte, i furori dei sentimenti vissuti.

La Scudéry voleva essere amata follemente, ma con rispetto. Una contraddizione per i suoi tempi, che pensò di risolvere cercando un amante al posto di un marito, passando così per avida e licenziosa, mentre lei si riteneva audace.

Fu messa alla berlina da Molière in Les précieuses ridicules, che non capì il suo sogno di un paese ideale dove gli uomini devono trovare il cammino del cuore delle dame tra pericoli e prove di coraggio.

Tendre ha tre città e un fiume, Inclinazione, dove si gettono due affluenti, Stima e Riconoscenza. Le tre città stanno a fianco di questi tre fiumi. Per andare da Nouvelle-Amitié a Tendre-sur-Estime bisogna passare per il Grand-Esprit e i deliziosi villaggi di Beiversi, Bigliettigalanti, Bigliettidolci, circondati da boschi lussureggianti e da erbe officinali tra cui abbondano le stelline odorose, chiamate anche Waldmeister, le cui piantine venivano messe dalle donne impudiche a macerare nel vino bianco e le sue radici raccolte dalle vecchie signore per tingere di un rosso ineguagliabile la lana. Il fiume Inclinazione scorre su queste terre lentamente perché è domestico mentre il mare è pericoloso perché battuto dalle passioni. Quanto al lago chiamato Indifferenza rappresenta la noia.

Il successo di questo paese immaginario fu immediato, come una carta moschicida attirò l’attenzione di calvinisti, libertini e giansenisti a cominciare dall’abate d’Aubignac che creò a sua volta una Carte de Coquetterie…”.

Un raggio di sole illuminava la sua carta di Tendre, si stirò e sbadigliando si alzò dal letto. Il villaggio di Bigliettigalanti riluceva dietro il vetro della cornice. Le précieuses ridicules che si raccoglievano nel salotto di Catherine de Rambouillet amavano le arti e le lettere, ma fino a un certo punto. Fino a quando i rosoli bevuti non avevano fatto il loro corso e le giovani figlie de la meilleure naissance, gli occhi addolciti dall’alcol, non cominciavano a spegnere le candele e a sciogliersi i nastri dai capelli. François de Malerbe aveva anagrammato Catherine in Arthénice, un nome più adatto a suo giudizio per le sue mises blu. Un nome sotto l’influenza di Nettuno e protetto dai topazi, che arrecava una salute di ferro e amori fragili.”

(Tratto da, Le ragazze della Via Paal, 2009)

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L’obiettivo di questa esercitazione è di “visualizzare” uno dei luoghi della Carte du Tendre e, eventualmente, trasporlo nella modernità.

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Ogni gruppo può elaborare l’immagine di questa esercitazione con il mezzo espressivo che meglio ritiene opportuno, disegno, foto, fumetto, collage, video, rappresentazione elaborata per via elettronica.

L’elaborato dovrà essere consegnato in copia su dischetto, accompagnato da una breve relazione esplicativa. Non sono accettati altri supporti.

(N.B. – Cercare in rete altre “carte di Tendre” più dettagliate.)

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L’Altro da sè (Ovvero, l’ombra dell’Altro, il Cosplay) – IED – Esercitazione 14 – 2010-2011

A – IED, Milano. Anno accademico 2010-2011

Cattedra di sociologia.
(Esercitazioni)
Esercitazione numero quattordici.
Lunedì 4 marzo 2011.

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L’ALTRO DA SE’

(Ovvero, l’ombra dell’Altro, il Cosplay)


La lingua greca distingue l’Altro plurale (allos, alius in latino) dall’Altro singolare (hétéros, alter in latino). L’hétéros – che significa l’uno dei due – è l’opposto di autos, stesso.

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Nella linguaggio corrente “altro” è il distinto, il differente, lo straniero, il separato, da cui alternanza, alternativa, alterco.

Preceduto dall’articolo è ciò che si oppone allo stesso o all’identico.

Al plurale, gli altri, è confronto e affronto, la donna come l’altro dall’uomo, la follia come l’altro dalla ragione

Nell’idealismo tedesco è ciò che istituisce l’identità. Nella psico-analisi l’Altro (con la maiuscola) è ciò che si contrappone all’altro (con la minuscola) inteso come espressione dell’immaginario e del simbolico (la legge, la lingua, l’inconscio) che determina il soggetto.

Per Martin Heidegger l’essere-con-l’altro è ciò che contribuisce al Dasein (all’esserci) ed è ciò che determina Mitsein (l’essere con).

**Diventare adulti significa rompere l’interdipendenza con i genitori (vale a dire, superare la dinamica edipica) e instaurare l’intersoggettività, abbracciare l’universalmente umano, imparare ad amare se stesso come l’Altro da se, ovvero, come un essere umano.

Se poi consideriamo – come ha dimostrato Sigmund Freud – che i confini del Sé sono permeabili allora dobbiamo anche considerare il fatto che il nostro Io può incorporare, nella relazione con l’Altro, alcuni dei suoi caratteri e che, di riflesso, nasca la pretesa che l’Altro, per essere se stesso, dev’essere simile al nostro Sé.

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Il cosplay (l’origine della parola è inglese ed è la contrazione di costume playing) nasce in Giappone a cavallo tra gli anni Settanta e i primi anni Ottanta, contemporaneamente al diffondersi delle esposizioni internazionali dei comics. In quella di Tokio, una delle più importanti, molti giovani iniziarono a vestirsi per gioco come i protagonisti più popolari di questi fumetti, prima semplicemente con dettagli o accessori poi con costumi completi.

In Italia la pratica del cosplay inizia alla fine degli anni Novanta, sia in seguito al diffondersi delle produzioni giapponesi (come, Sailor Moon, Neo Genesis Evangelion, Dragonball, Bersek), sia per il diffondersi di Internet che ha consentito una più ampia conoscenza della realtà giapponese.
Oggi indossare un costume è ancora importante, ma le nuove tendenze si spingono fino all’allestimento di vere e proprie coreografie che vanno ben oltre il travestirsi da manga.

In Giappone ci sono da tempo sfilate e concorsi e il cosplay è diventata una vera e propria sottocultura, i personaggi non sono più solo quelli dei fumetti, ma l’ispirazione arriva ora anche dal cinema e dalla televisione e ciò ha reso il fenomeno ancora più suggestivo e popolare e forse più complesso visto che il personaggio che s’impersona dev’essere sempre più plausibile e si deve interpretarne l’agire.

Rispetto al mascheramento tradizionale – com’è quello del Carnevale – in Giappone il cosplay si pratica in ogni occasione, compresi, per esempio, i congressi scientifici, la rievocazione di fatti storici, i raduni per i giochi di ruolo. In questo senso è più simile al crossdressing che ad un semplice mascherarsi. Le scene di cosplay, il più delle volte integrate da musica, suoni e luci, possono essere “giocate” nei teatri, ma anche per strada o nelle stazioni della metropolitana e spesso sono ricompensate oltre che dagli applausi, anche da piccole somme di denaro.

La tendenza più attuale in questo momento in Giappone è quella d’imitare periodi storici della

cultura europea e tradurli in filmati più o meno lunghi, ma sempre attraversati da una vena surreale ed ironica. In rete i siti dedicati a questo fenomeno sono oramai centinaia, così le pubblicazioni che tentano d’interpretare questo desiderio di essere l’Altro da sé.

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Obiettivo dell’esercitazione è d’interpretare un cosplay su un tema a scelta e di documentarlo con il mezzo che si vuole, fotografia, effetti speciali, breve filmato, muto o con sonoro. Il giudizio di merito terrà conto non solo degli aspetti formali, ma anche del tema scelto.


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