IED – Materiali del corso VII (2011-12)

[Parte 7 di 8]

L’economia del corso non ci consente di fermarci più di tanto sulla nascita della scrittura, per cui si rimanda a due letture interessanti e facili:  Jack Goody, Il suono e i segni, Milano 1989. A cura di G. Bocchi e M. Ceruti, Origini della scrittura, Milano 2002. Il primo libro lo si può trovare anche in inglese, francese e tedesco.  Il secondo, invece è costituito da una serie di saggi di autori di diverse nazionalità. 

Andiamo avanti.  Intorno all’ottavo secolo prima dell’era comune non nasce solo l’alfabeto greco, ci sono molte altre grandi novità sul piano dei congegni e delle forme di comunicazione che derivano dai primi strumenti di registrazione. 

A – Una di queste novità è costituita dalla comparsa della moneta

Nel considerare la moneta, dal punto di vista della sociologia della comunicazione, occorre valutare soprattutto il forte potere di connessione che possiede.  Valutare la sua capacità di legare il presente al futuro, di generare speranze e progetti, di accumulare valori. 

Se la scrittura, in un certo senso, ampia il raggio dei contenuti possibili di un testo, la moneta esprime le quantità e moltiplica, attraverso gli scambi, le relazioni connettive tra gl’individui, anche se sono separati da grandi distanze.  

In più, la moneta, con i suoi effetti pratici, crea dei vincoli sostanziali e materiali, diversi da quelli astratti della scrittura, vale a dire, la circolazione della moneta ha notevoli conseguenze sul piano dell’agire economico, politico e diplomatico. 

B – C’è un altro importante congegno che la scrittura scuote e rivoluziona direttamente.  É l’insegnamento.  Con il quarto secolo prima dell’era comune l’educazione esce dai compiti tradizionali delle famiglie e comincia ad assumere una dimensione pubblica formale.  Si fondano le prime scuole, che disciplinano lo studio, selezionano gli argomenti da trattare, sviluppano le tecniche pedagogiche, formano i saperi.

 

C – Nella prospettiva dell’interazione sociale e delle sue regole l’innovazione più importante di questo periodo è senz’altro il teatro.    A differenza degli altri rituali sociali, il teatro possiede una caratteristica unica per quei tempi.   Fissa in modo netto la distinzione tra l’attore, che agisce e lo spettatore, che assiste, introducendo nell’esperienza del guardare, una dimensione temporale di taglio narrativo.   

In altri termini, il teatro in qualche modo socializza e disciplina il rapporto tra lo spettatore e gli attori, privilegiando lo sguardoIn questo senso si può sostenere che il teatro istituisce l’arte del guardare.   

Nel recinto, cioè, nello spazio fisico in cui si svolgeva l’azione, dentro questo mondo a gradinate, gli spettatori erano separati dagli attori, spesso mascherati, tuttavia, gli spettatori potevano partecipare all’azione con lo sguardo.

In questo modo diventavano a tutti gli effetti gli allievi di una scuola del vedere, che allenava ed acuiva l’osservazione e la riflessione critica sulle cose della vita o sui grandi temi della politica. 

Dal punto di vista dell’interazione sociale, poi, il rapporto che lo sguardo instaura a teatro, tra la scena e la platea, ha una duplice dimensione, da una parte unisce soprattutto attraverso le emozioni, dall’altra, nello stesso movimento, separa, allontana, ricordando allo spettatore che si trova davanti ad una finzione.  

Il teatro in pratica unisce con la sua grande capacità di stimolare una partecipazione emotiva, una partecipazione che ottiene con il guardare.

Ma questo guardare e critico e dovrebbe in ogni momento ricordare allo spettatore l’abisso tra la scena e la realtà, tra la finzione e la vita corrente. 

***

Come si può intuire i congegni di connessione si diffusero velocemente nel tempo e nello spazio, a partire dall’Europa, tanto che, alla fine del 700, tutte o quasi tutte le città del mondo Occidentale, possedevano uno o più quotidiani, teatri, scuole e università.  C’è però un fatto che va considerato.    A questa espansione quantitativa dei congegni fa riscontro una grande stasi strutturale.  Che cosa vuol dire? Che fino ai primi anni dell’Ottocento non c’erano ancora dei congegni capaci di risolvere i vincoli fisici della connessione. 

I progressi compiuti fino ad allora, infatti, si collocavano quasi tutti sul piano dei materiali con i quali si producevano.  In pratica, l’abilità manuale era ancora lo strumento essenziale per la produzione e per la distribuzione dei contenuti. 

Poi, nei primi anni dell’Ottocento, l’aumento dei ritmi legati ai nuovi stili di vita misero in crisi tutti gli antichi sistemi di comunicazione mostrando i limiti pratici di ogni forma di connessione fino ad allora conosciuta. 

Per quando attiene al fatto specifico della connessione si precisarono sostanzialmente tre richieste.  La prima riguardava una sempre maggiore tempestività dell’informazione. Più si espandevano i traffici commerciali, più utile si rivelava l’accesso rapido a tutte le notizie sullo stato del mondo.

Notizie su gli eventi naturali, come sono i terremoti, le siccità o le alluvioni, che allora incidevano sostanzialmente sul prezzo dei prodotti agricoli (mentre oggi hanno una forte influenza sui flussi turistici), o quelli civili, come sono le guerre, le rivoluzioni, gli scioperi, le epidemie, avvenimenti molto comuni nel corso del diciannovesimo secolo. 

La seconda richiesta era legata ad un fatto nuovo nel mondo occidentale, la crescita del tempo libero.  Soprattutto nelle città cominciava a formarsi un’ampia sezione di popolazione che era coinvolta sempre di meno nelle attività produttive.  Erano le casalinghe, i giovani che studiano, gli anziani.

Costoro di fatto contribuirono a formare un mercato del tempo libero che crebbe rapidamente.   Si assistette così allo sviluppo di una produzione editoriale di romanzi popolari a grande tiratura, alla crescita della domanda di rappresentazioni teatrali a buon mercato, contemporaneamente salirono vertiginosamente le tiratura dei giornali.

Friedrich Hegel aveva scritto che la lettura del giornale era la preghiera mattutina dell’uomo moderno. 

La terza richiesta, infine, appare poco appariscente, ma è la più importante.

È una conseguenza dal consolidarsi della famiglia borghese, che si avvia a diventare la cellula funzionale della società

Lo stile di vita di questa cellula tramuta la ricchezza astratta espressa dal denaro in una rappresentazione dello spazio domestico al limite della teatralità.

Questa cellula diffonde soprattutto nelle città un certo gusto per l’arredamento, gli oggetti d’arte, i beni di consumo, compresi quelli superflui.    In breve, in questi anni la famiglia svolge un importante funzione: di educare attraverso lo sguardo, le cerimonie i comportamenti emulativi, l’esaltazione del decoro.

 

Tutto questo fu di estrema importanza per lo sviluppo della cultura occidentale perché la famiglia borghese divenne una struttura sovrana su uno spazio, quello del nucleo familiare, che andava gestito e soprattutto consumato e goduto.   

Con il senno di poi si può affermare che s’inaugura qui quel percorso della modernità che trasformerà il cittadino in un consumatore, riscrivendone la sua fisionomia sociale e i suoi valori.

Per riassumere.       Fino alla fine dell’800 i congegni di comunicazione, in quasi tutte le loro forme, risultavano di fatto o troppo costosi, o troppo lenti o troppo poco diffusi.     Tutta una serie di essi che al loro apparire sembravano stupefacenti, finirono per mostrare, grazie all’incalzare del progresso scientifico, dei limiti operativi che ne riducevano l’uso, con il risultato di deprimere la domanda di acquisto, indebolire la produzione e, alla fine, rallentare la circolazione delle informazioni. 

Tutto ciò si risolse, inevitabilmente, con una spinta verso la ricerca e l’invenzione di nuovi congegni e di un rapido restyling di quelli obsoleti. 

Se mettiamo insieme tutte le invenzioni dell’800 e cerchiamo di dare loro un senso, costatiamo che, verso la fine di esso, grazie a queste invenzioni molti aspetti della vita corrente e dell’economia e poi, a seguire, della vita sociale e culturale ne escono profondamente mutati.  

L’innovazione più importante però si registra a livello concettuale.  Questa invenzione è rappresentata dalle prime reti di connessione che disegnano sul territorio una trama, più o meno fissa, di punti e di snodi attraverso i quali passa un flusso costante di dati di diversa natura. 

In questo contesto, le città, che si erano strutturate nel tempo per successivi accumuli di congegni e forme di comunicazione, sono ora diventate i punti chiave naturali di questa trama che in qualche modo materializza i diversi aspetti sotto i quali si è diffuso il pensiero umano.    Dobbiamo notare anche un’altra importante trasformazione. Fino a quasi tutto l’Ottocento il mercato delle connessioni aveva conosciuto soprattutto dei contenuti o dei dati materializzati su supporti, come sono i libri, i giornali, i manifesti, le locandine.

Adesso, nel giro di pochi anni, cominciarono ad imporsi le reti.   

Da un punto di vista funzionale le reti sono un congegno che comprende quattro elementi principali:  – Una infrastruttura materiale, che risulta dalla combinazione di un tracciato inscritto in un territorio, come sono gli acquedotti, le ferrovie, le linee aeree del telegrafo.  – Degli snodi di smistamento diversamente collegati.  Come sono i porti, le stazioni, gli uffici postali, eccetera.  – Un flusso, che può essere continuo o discontinuo, di materiali, di energie o di informazioni.  Cioè, un flusso costituito da acqua, gas, onde elettromagnetiche, corrispondenza, carrozze ferroviarie, eccetera… – Una centrale operativa, capace di gestire la rete e di organizzare la circolazione dei flussi. 

Intorno al 1850 sono almeno sei le grandi reti in funzione: 

Acqua, Posta, Ferrovia, Navigazione, Telegrafo, Scuole pubbliche. 

Se, invece, si riflette sui costi e sull’importanza delle reti è facile constatare che, nella grande maggioranza dei casi non potevano non essere costruite con capitali pubblici, dunque non potevano non essere di proprietà dello Stato che per loro tramite esercitavano un diretto potere d’intervento dai forti contenuti sociali e politici per la collettività. 

Come è facile intuire le reti costituiscono un rilevante apparato di valorizzazione economica del territorio e della qualità della vita che servono con i loro beni e servizi. 

Dalla peculiarità fisica delle reti derivano le tre inedite e importanti figure di gestione della connessione.  – La prima figura è quello dello Stato imprenditore monopolista che fa pagare – spesso a prezzi politici più che rimunerativi – una tariffa per un’attività di cui si riserva l’esercizio esclusivo.  Come è stato fino a poco tempo fa in Europa per le poste, i telegrafi, le ferrovie, ecc…

– La seconda figura è quella dello Stato erogatore di un servizio, ma non in condizioni di monopolio.  Sono, in genere, i servizi in cui non è richiesto un prezzo, ma il pagamento di una imposta

Due casi classici, ancora parzialmente validi, sono quelli dell’istruzione o della sanità. 

– La terza figura è quella per la quale un operatore privato agisce su licenza o concessione dello Stato, in condizioni di monopolio o di oligopolio

In questo caso, la figura dell’operatore privato deve rispettare le leggi e gli indirizzi politici che regolano la vendita di questo servizio.  Un esempio sono le concessioni delle reti di trasporto locale su strada.

Accanto alle reti, si cominciano a formare, sempre intorno alla fine dell’Ottocento, i primi mercati di massa della comunicazione.  Il più importante è quello dei quotidiani.   

C’è poi un altro grande elemento di crescita che cominciò ad esercitare una notevole influenza su questo mercato, la pubblicità.    Essa permise ai giornali e ai quotidiani in particolare di espandere e stabilizzare le tirature

La pubblicità, a cavallo tra Ottocento e Novecento, grazie all’espansione dei consumi e dell’offerta di beni e servizi mutò velocemente da fenomeno episodico a presenza fissa e importante del paesaggio sociale.

Di più essa cominciò a svolgere una importante funzione d’informazione sui beni e le merci in circolazione, tanto che, almeno a questo stadio del suo sviluppo, alla pubblicità va riconosciuto di essere stata un efficace strumento d’interazione sociale di massa per il contribuito (indiretto) che diede nell’amalgamare i gusti, le mode e i consumi.   

Vediamo, adesso, per punti le trasformazioni organizzative e sociali che contraddistinguono questa prima stagione di connessioni effettuate con le reti e caratterizzate dalla loro rilevanza di massa. 

Primo punto.  Con l’introduzioni delle reti la connessione diventa mondiale e tende a diventare istantanea, cioè, l’informazione comincia ad essere diffusa in tempo reale. 

Secondo punto.  Assistiamo ad un evidente miglioramento delle capacità operative delle organizzazioni legate al mondo della connessione.  La loro architettura formale, diventata estremamente complessa e si trasformano in una parte integrante dell’ambiente.  L’esempio moderno più evidente è rappresentato dai satelliti geo-stazionari, dalle antenne televisive, dai ponti radio dei telefonini, che fanno oramai parte dello spazio e del paesaggio aereo di tutte le città del mondo. 

Da qualche tempo a questa parte si parla di razionalizzare questo paesaggio che molti ritengono nocivo per la salute.

Terzo puntoL’aumento dei prodotti cognitivi immessi sul mercato diventa costante ed essi si differenziano sempre di più sia sotto l’aspetto dell’efficacia che delle loro strategie di valorizzazione

Sono strategie che si riflettono sull’ampia gamma delle offerte accessorie e dei prezzi. 

Come è il caso della telefonia o dell’offerta televisiva di programmi che concorrono alla composizione dei budgets pubblicitari.  

Quarto punto.  I mercati della comunicazione cominciano, per riuscire ad allargare la propria base e a consolidarla, a valorizzare sempre di più i prodotti a basso prezzo e a alta obsolescenza

Vale a dire cominciano a nascere le prime strategie per la corsa a porzioni di mercato specialistico e sempre più redditizie, anche a scapito degli standard di compatibilità e di qualità.    

Quinto punto.  Il più importante dal punto di vista del discorso sociologico.  La grande quantità di prodotti cognitivi messa in circolazione e facilmente accessibile tende a consolidare a livello di massa, in modo durevole e facilitato, l’accesso all’informazione, soprattutto nei paesi del mondo occidentale e, tra questi, quelli con una tradizione di democrazia.         

Va anche osservato come questi prodotti cognitivi, così importanti e diffusi, sono penetrati  così profondamente nella vita quotidiana che diventa sempre più un abitudine condivisa impiegare il proprio tempo sociale in forme di comunicazione diverse dal semplice contatto interpersonale.    

Torniamo all’inizio del ‘900.  Ci sono altre novità da considerare di grande rilevanza sociologica per lo studio del comportamento, perché i congegni per comunicare cominciano ad entrare nelle case e ad integrarsi alla vita quotidiana degli individui

Come abbiamo già considerato fino all’ultima decade dell’Ottocento nelle abitazioni, in genere, non si trovavano che prodotti cognitivi realizzati dalle macchine, giornali, libri, ritratti fotografici, cartoline postali, ecc…  Adesso, però, cominciano ad entrare nella vita quotidiana anche i congegni stessi che servono a comunicare. 

In breve, intorno ai primi anni del Novecento, per usare un’espressione moderna, due mercati di hardware penetrano nelle abitudini dei più.   Sono il telefono e le macchine per la riproduzione del suono, da una parte, la macchina fotografica, dall’altra.  Di questi due hardware quello che da subito riscuote un grande successo è la macchina fotografica

In ogni modo, sotto l’aspetto delle mode, la registrazione sonora è il fenomeno che ha prodotto il primo mercato di massa in cui il divismo gioca un ruolo essenziale. 

Un ruolo che diventò presto un grande contributo alla costruzione di quelle figure di riferimento che contribuirono a costruire i cosiddetti mercati di massa tramite il meccanismo dell’emulazione.  Per averne un’idea basta riflettere su questo dato:

Nel 1910 il mercato americano era arrivato ad assorbire più di trenta milioni di dischi tra canzonette, ballabili, lirica. Su questo mercato, curiosamente, la prima star in assoluto non fu una donna, ma un cantante italiano, Enrico Caruso, che per primo batte la soglia del milione di dischi venduti.  

In termini riassuntivi si può dire che la cosa più rilevante di questi anni è una tendenza che, con il tempo, diventerà ancora più tangibile e che possiamo esprimere così:  Una serie di esperienze vissute, che si svolgono in ambienti naturali, come, per esempio, la visione di paesaggi marini, montani, di deserti, di oceani, di animali rari, di esperienze che si svolgono in luoghi unici o riservati, davanti ad opere, rappresentazioni o cerimonie particolari, come una cerimonia in un palazzo reale, la visione notturna dei templi dell’antica Grecia, uno spettacolo all’Arena di Verona, la partenza di una navetta spaziale da un cosmodromo, la finale di un campionatori calcio, oppure di esperienze di guerra o di cataclismi naturali, come un’insurrezione popolare o un maremoto, perdono il loro carattere di irripetibilità e diventano riproducibili. 

Di fatto, queste esperienze, rare e spesso irripetibili, entrano nelle abitazioni e la loro fruizione non è più vincolata ad un luogo o ad un momento prefissato e può essere ripetuta. 

Vediamo, adesso, a partire da queste circostanze, il ruolo del cinema.  Abbiamo già costatato come la rappresentazione teatrale è un’esperienza a forte intensità emotiva, esattamente come lo possono essere un balletto o un concerto.  Questa intensità emotiva che si forma e si stratifica nel tempo, condizionandoci, è divenuta, secolo dopo secolo, una specie di memoria sociale, spesso dai forti contenuti sacrali e contribuisce a forgiare le norme morali e le regole del comportamento collettivo, qualcosa, insomma, che aderisce ai comportamenti vissuti e li modella.    

Con il cinema la qualità rituale e l’acuito stato emotivo dell’esperienza che si sviluppa, come a teatro, in un recinto, divenuto ora anche buio e confortevole, come il letto in cui sogniamo, fa si che l’azione vissuta attraverso una macchina per comunicare (il proiettore) acquisti un’ulteriore dimensione che in qualche modo condiziona senza che ce ne rendiamo conto, la nostra vita sociale e i nostri comportamenti collettivi  La prima considerazione è intuitiva, dopo circa un secolo di condizionamento alle immagini proiettate e in movimento, siamo giunti alla situazione, assolutamente paradossale, di commuoverci di più di fronte a queste immagini che di fronte alla realtà. 

All’inizio per motivi tecnici e successivamente perché funzionali all’efficacia dello spettacolo il cinema ha finito per fare sue ed elaborare alcune condizioni operative che agiscono sugli aspetti inconsci della personalità degli spettatori.  

Quali sono queste condizioni?  Vediamo le più importanti:      – Un luogo chiuso costituito da una sala nel buio di grande conforto psicologico.  – Degli eventi eccezionali drammatizzati con il trucco e la recitazione. – Un’alterazione dei tempi logici dell’azione.  – Un iper-verismo delle situazioni recitate. 

Per ricapitolare:  – Il cinema mette in scena avvenimenti non limitati dalle leggi della fisica o dalle leggi che regolano l’esperienza comune.  – Li connette nel tempo come vuole.  – Soprattutto, sviluppa una serie di regole di costruzione della narrazione che, in qualche modo, già erano presenti nel romanzo e che hanno molte cose da spartire con le leggi psichiche che da millenni governano l’attenzione e favoriscono la formazione del simbolico.   

Il cinema introduce, così, nei congegni per comunicare la dimensione dello sviluppo temporale dell’azione, uno sviluppo molto diverso da quello della vita corrente e se vogliamo del disco su un grammofono, perché più completo ed enormemente più complesso, dunque, più totalizzante

Questa serie di requisiti fa del cinema l’erede più importante di quella dimensione narrativa che è in qualche modo formativa dell’esperienza sociale dell’uomo, perché noi viviamo nel tempo e questo tempo è un tempo storico. 

Ritorniamo ora al tema dei nuovi media. Abbiamo visto come i nuovi congegni per comunicare, la cui storia procede di pari passo con la rivoluzione industriale ed informatica, generano una quantità di contenuti incommensurabili rispetto al passato e, in particolare, eliminano definitivamente la strettoia costituita dalla scrittura, almeno per quanto riguarda la stragrande maggioranza degli uomini. 

Siamo in presenza di un altro di quei curiosi paradossi della vita sociale.

La scrittura sta trasformandosi in una specie di metodo di trasmissione della conoscenza ad uso delle élite, mentre l’enorme massa della popolazione mondiale, che non è alfabetizzata, può impiegare il suo tempo libero con alternative molto varie, comode ed attraenti, sia pure con grandi deficit a livello della conoscenza, che derivano dal consumo di contenuti diffusi per via meccanica o elettronica. 

Qual è il nocciolo del  problema? Queste alternative di consumo – cumulandosi nel tempo – finiscono per rappresentare una sorta di congegno invisibile di educazione e di adeguamento di massa ai nuovi sistemi di convivenza collettiva, capace di agire facilmente ovunque, in particolare, nelle grandi metropoli, miscelandosi con le forme dell’interazione sociale e degli stili di vita dei più deboli, dei piccoli gruppi, degli emarginati, com’è il caso degli emigrati, dei giovani non alfabetizzati, degli anziani, delle minoranze religiose.    

Un’altra tendenza, che emerge a partire dalla fine della prima guerra mondiale, riguarda poi le reti di comunicazione.  quello che le caratterizza non è tanto la possibilità di connettere due o un piccolo numero di soggetti, ma di diffondere su più soggetti uno stesso contenuto attraverso un flusso, il più delle volte continuo, da un’emittente a molti riceventi

È un fenomeno che si era andato delineando con la radio.  In seguito, con l’avvento del mezzo televisivo, la variante fondamentale, rispetto alla radio, è rappresentata dalla ricchezza dei contenuti e dalla capacità della televisione di immergerci negli avvenimenti.  A differenza del cinema la televisione entra nelle case con alcuni caratteri che le sono propri, vale a dire: – Ci fornisce una poderosa sintesi bidimensionale della vita corrente, uniformata dallo spettacolo.  – È comoda e facile da consumare e il suo consumo può essere ininterrotto e privato.  – Ci offre un potenziale collegamento istantaneo con ogni punto del mondo, interpretandolo e manipolandolo. 

Quando nel 1956 i tecnici della Ampex misero a punto la videoregistrazione su nastro, di fatto fu rimosso l’ultimo ostacolo tecnico di una certa ampiezza relativo a questo congegno, vale a dire, svincolarono la produzione televisiva dall’obbligo della diretta, intensificando il suo potere di coinvolgimento attraverso il dosaggio dell’informazione e dell’intrattenimento e il montaggio di taglio cinematografico delle notizie. 

La televisione e più in generale, la forma di spettacolo (cioè, la spinta a teatralizzare e ad estetizzare la realtà) ha conquistato il tempo della vita degli uomini dell’intero pianeta e ha cominciato a modulare questo tempo di vita su una medesima onda di contenuti. 

Per questo, molti sociologi dicono che essa rappresenta un fenomeno sociale grandioso e tragico

Con la televisione, sezioni sempre più importanti dell’esistenza personale dei telespettatori e territori sempre più ampi di percezione, si coordinano tra la popolazione su scala mondiale. 

La stessa intensità dell’attenzione si acuisce ed acquista un rilievo emotivo di massa l’esperienza del consumo dei prodotti mediali.     In altre parole, questa sincronia di massa delle esperienze del vivere – di esperienze costruite sugli stessi contenuti e che finiscono per essere assimilate ad uno spettacolo – suscita delle importanti conseguenze sulla politica, sulla formazione dei consumi e delle credenze, sui luoghi comuni legati ai giudizi di valore, sugli stili della vita materiale, sulle aspettative emotive delle grandi masse. 

Questa enorme sincronia di massa, che è il tratto più rilevante della comunicazione nella seconda metà del 900, si è costantemente allargata fino a globalizzarsi e si è arricchita di un’altra applicazione tecnica, il feedback o retroreazione che, regolando i segnali in entrata sulle uscite precedenti, modula quelli delle uscite successive, nella fattispecie, agevola e approfondisce il coordinamento dei pensieri e, di riflesso, delle opinioni e delle emozioni, come oramai avviene correntemente con il computer e l’interattività.

Naturalmente per valutarne fino in fondo gli esiti, sul piano della ricerca sociale, occorrerà aspettare ancora qualche tempo.  Questo intervallo di tempo che tutto lascia prevedere molto breve, ancora una volta, segnerà, volenti o nolenti, una svolta nella storia dell’uomo sulla terra. 

***

   

Appendice uno. 

Nella seconda parte di questo corso abbiamo cercato di illustrare qual è il paradigma esplicativo dell’evoluzione della comunicazione dal punto di vista delle scienze sociali.  In altri termini, il modello di riferimento o, meglio, la matrice disciplinare con cui la sociologia oggi affronta le interconnessioni che strutturano la vita corrente e le forme della comunicazione oltre il face-to-face.

Per raggiungere il nostro obiettivo abbiamo usato lo strumento della storia evolutiva della comunicazione perché ci consentiva di mostrare il disporsi sistemico di tutte le forze e di tutte le istituzioni che formano la società. 

C’è un punto critico per le scienze sociali che doveva essere sottolineato e che abbiamo fissato all’inizio del Novecento.  La straordinaria mutazione seguita al diffondersi dell’elettricità, delle reti materiali ed immateriali e dei congegni ad essi correlati può essere definita antropomorfa, perché ha coinvolto il rapporto tra corpo, mente ed esperienza della realtà, con conseguenze che ancora ignoriamo e con metamorfosi che continuano a rendersi palesi e a sorprenderci. 

A questo proposito Marshall McLuhan (1911-1980) diceva che la storia della comunicazione umana a partire dal congegno voce si può definire composta da tre fasi.  Una fase predominata dalla forma orale (dall’oralità). Una fase dominata dalla scrittura. Una fase dominata dall’elettricità

La prima è durata circa 250mila anni.  La seconda circa 2500 anni.  La terza, appena iniziata ha poco più di un secolo di vita.  Tendenzialmente sarà molto più breve della seconda.  

A proposito della fase dominata dall’elettricità McLuhan commenta:  Nell’era della meccanica avevamo operato una estensione del nostro corpo in senso spaziale.  Oggi, dopo un secolo e passa di impiego tecnologico dell’elettricità, abbiamo esteso il nostro sistema nervoso centrale in un abbraccio globale che abolisce tanto il tempo che lo spazio.” 

Per questo molti studiosi fanno delle equiparazioni funzionali tra reti neuronali e reti elettriche.  Lo vedremo in seguito. 

Per riassumere, è come se tutte le forme di esistenza della modernità fossero state unificate da un vettore spaziale-iconologico – cioè, giocato sulle immagini – in movimento che ha finito per rappresentare il senso stesso del mondo.

Questo vettore si è manifestato soprattutto come un potente strumento di sincronia di massa

Come abbiamo già visto la sincronia è un concetto elaborato da Ferdinand de Saussure (1857-1913), il fondatore della linguistica, per indicare la capacità di un linguaggio di costruire un sensoOccorre tener presente che i linguaggi non-umani, animali o artificiali, servono a comunicare, non a costruire paradigmi cognitivi sensati.

Parlando dei modi di connessione abbiamo osservato che il quinto modello di connessione è quello che ha inizio nel Novecento con l’invenzione di un congegno straordinario, la radio, che da vita ai primi importanti fenomeni di sincronia di massa.   

Il carattere innovativo di questo modello sta nel fatto che il cuore della comunicazione non ha più al centro lo scambio comunicativo tra due o un piccolo gruppo di soggetti, ma il diffondersi rapido dell’informazione come una merce/prodotto da uno o più centri organizzati verso una moltitudine di consumatori. 

Per mostrare l’efficacia di questo fenomeno di sincronia fin dal suo sorgere va ricordato l’impatto traumatico sui radioascoltatori di una trasmissione radiofonica, La guerra dei mondi di Orson Welles (1915-1985), realizzata negli Stati Uniti da questo giovane regista ventitreenne nel 1938, la vigilia di Halloween, la festa che noi chiamiamo di Ognissanti.    In altre parole, ciò che fino ai primi del Novecento era affidato all’affabulazione di poeti, cantori, scrittori, eruditi, divulgatori viene distribuito su larga scala prima dalla radio e poi dalla comunicazione filmica, televisiva, e infine televisivo-informatico-personalizzata.

Apriamo una piccola parentesi su come la sociologia definisce la multimedialità Diciamo per cominciare che è la compresenza di più strutture comunicative sullo stesso supporto informatico che moltiplica i piani di lettura e, per conseguenza, i processi interpretativi.  Per estensione si parla di contenuti multimediali quando un’informazione si avvale di molti media, immagini in movimento (video), immagini statiche (fotografie), musica, grafi e testo.  (Wikipedia è l’esempio più popolare di questa multimedialità.)

La multimedialità non va assolutamente confusa con l’interattività. L’equivoco, in genere, nasce dal fatto che la multimedialità è spesso anche interattiva, cioè, consente all’utente di interagire con essa.  Che cosa vuol dire?  Che si può comunicare con il mouse o la tastiera e ricevere delle risposte. Perché è importante la interattività?  Perché essa indica che un sistema non è fisso, ma varia al variare dell’imput dell’utente o, meglio, varia in base al potere cognitivo di costui.  In questo modo – ed è un punto critico – si riproducono le differenze e spesso si accentuano. 

La maggior parte dei sistemi e dei congegni della modernità sono interattivi.  In linea di principio, anche una lavatrice lo è, perché di fatto modifica il suo programma in base alle nostre richieste. 

Il sistema interattivo per definizione è il computer. Mentre non è interattiva la televisione analogica, per questo, il suo consumo è definito una fruizione passiva. La televisione digitale, invece, può essere interattiva e il suo futuro dipende proprio da questo, di essere suscettibile di feedback, cioè, di riscontro/risposta.

Un’altra confusione è tra multimedialità e ipertestualità L’ipertestualità è la caratteristica di un documento di utilizzare la struttura dell’ipertesto, di poter navigare in esso.  Dal punto di vista cognitivo moltiplica i punti di vista e sconnette l’analisi ermeneutica, vale a dire la scienza dell’interpretazione. Il sapere non è più un tessuto cognitivo omogeneo, ma un insieme di nuclei portatori di conoscenze in divenire. 

Questo sapere si evolve più velocemente ma per unità discrete e a labile connessione. 

Ritorniamo al nostro tema, quello della connessione.  Che cosa va rilevato in essa dal punto di vista fenomenologico?  Che è dai metodi, dalle forme, dalle tecniche con cui questa connessione si effettua che la comunicazione stessa evolve anche a dispetto delle attese soggettive. 

Evolve “con” e “per mezzo” dei meccanismi socio-economici che con essa interagiscono. In linea generale si può notare che oggi nei paesi a capitalismo le disparità economiche hanno un’importanza minore delle disuguaglianze cognitive.  

Se osserviamo la storia di questo ultimo secolo vediamo emergere con chiarezza gli effetti di massa che tutto ciò ha generato tra i consumatori-utenti:  * Imitazione massiccia degli stili di vita delle élite dello spettacolo e del potere economico.  * Imitazione degli atteggiamenti divistici.  * Uniformazione del modo di pensare il proprio corpo e il proprio modo di abbigliarsi sviluppando una sorta di conformismo creativo.  * Assimilazione, il più delle volte inconscia, dei messaggi che orientano i consumi e le opinioni politiche ed etiche. 

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