D – IED, Milano. Anno accademico 2009-2010
Cattedra di sociologia.
Esercitazione numero dieci. A
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Celebration (Florida), un interno immaginario per una città irreale.
Thomas More (1478-1535) ha inventato un luogo che si chiama Utopia, che non sta da nessuna parte, è attraversato da un fiume, Anhydris, che è senz’acqua, la sua capitale è Amaurote, una città fantasma, il suo principe si chiama Ademus, perché è senza un popolo e i suoi abitanti si chiamano Alaopolites, perché non hanno una città. Gli abitanti di Utopia hanno per vicini gli Achoréens, sono uomini senza un paese.
Una strada diretta collega questa cittadina della contea di Osceola al Walt Disney World.
Rappresenta il suo cordone ombelicale, che la inserisce al centro di un Mandala tantrico, in un gioco di monumenti fallici ai confini di una semiologia ostetrica e ginecologica, ricca di alberi, fontane e campanili. (Non per caso hanno chiamato una sua strada “Wisteria Lane, come una delle protagoniste di Disperate Housewives.)
Dunque, una piccola città con sette chiese cristiane, una congregazione ebraica e un ospedale che, come recita il suo nome, celebra, ogni anno, mostre d’arte, di artigianato, un curioso raduno di auto esotiche, un Great American Pie Festival, un “Posh Pooch” festival, i fuochi del “quattro di luglio”, un Oktoberfest, l’arrivo dell’autunno, e perfino la prima neve che viene sostituita, quando non c’è, con un’esposizione di “palle di neve” o, meglio, di plastic snowdomes and glass snowglobes.
Celebration, a dispetto della tradizione americana, non ha una Main Street, formalmente perché già esiste una strada con questo nome nella contea, al suo posto, però, ha una Market Street per la gioia dei suoi tremila e passa abitanti che possono contare su un reddito medio per famiglia intorno ai centomila dollari.
L’età di Celebration si conta ancora con le dita della mano e la Disney Development Company, che l’ha progettata, l’ha voluta omogenea nel suo stile.
Uno stile in cui l’ornamento, ripensato acriticamente con un art-deco da operetta hollywodiana e un razionalismo da “Lego Club”, si mescola ad inverosimili facciate con colonne nei colori pastello esaltando i dettagli, tra giardinetti pettinati, opere d’arte topiaria, balocchi ed insegne, laghetti con getti d’acqua illuminati.
In questo sogno di cartapesta, l’ordine, la quiete, la ricchezza, la sparizione della storia nascondono il culmine della violenza simbolica, perché eliminano dall’idea di felicità ogni suo carattere soggettivo.
Qui, l’arroganza dei world–menders del capitale finanziario ha rimpiazzato le utopie sociali e politiche (che sono sempre state caratterizzate da passioni rigorose battute da un vento di follia) con le utopie tecniche, capaci di realizzare una formidabile economia del reale che, però, ha il suo topos fuori dalla storia, oltre ogni speranza, nei deserti della forma di spettacolo. Così, quella incommensurabile distanza – che una volta fondava l’ontologia classica – tra l’idea e la realtà, il possibile e l’attuale, il necessario e l’utile ha perso a Celebration ogni senso.
Ad un piano urbanistico rigoroso dei luoghi corrisponde un programma rigoroso della vita dei suoi abitanti.
Paradossalmente questo “sito abitativo protetto” fuori dalla storia è ossessionato dall’impiego del tempo che qui non può lasciare all’imprevisto nessun margine, né spezzarsi tra tempo di lavoro e tempo libero. A Celebration incombe un’idea di tempo sociale per il quale l’ozio, a dispetto di Paul Lafargue, è il più grande dei delitti!
Tommaso Campanella (1568-1639) in La città del sole, fissava la periodicità delle relazioni sessuali: “ogni tre giorni, dopo la digestione…”. A Celebration anche queste prescrizioni non servono più, l’esistenza stessa è divenuta mera rappresentazione, confondendo l’intenzione che l’ha fondata con il modo che la domina.
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Obiettivo dell’esercitazione è di “progettare” un interno (di abitazione o di luogo pubblico) di Celebration che sia in grado di esprimere lo spirito, le idee e l’atmosfera di questa cittadina.
Ogni gruppo può elaborare le immagini di questo interno con il mezzo espressivo che ritiene più opportuno, disegno, foto, fumetto, collage, rappresentazione elaborata per via elettronica.
L’elaborato dovrà essere consegnato in copia su dischetto, accompagnato da una breve relazione esplicativa. Non sono accettati altri supporti.