D – IED, Milano. Anno accademico 2009-2010
Cattedra di sociologia.
Esercitazione numero sette.
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La mela nello specchio. Quando la cosa diventa idea.
Un universo in miniatura. Una miniatura dell’universo. Dapprima dolce e poi acidula, come il veleno, come il peccato, come la tentazione. Una superba miniatura del mondo, un mondo espugnato da Eros e attraversato dai vermi, un contradditorio simbolo della natura che muore. Questa è la mela, regina di settembre, che i savants medioevali definivano un’opera del demonio, una metafora della jeune fille e dei suoi osceni tesori.
Rossa di fuori, come le labbra dell’innamorata, come il sangue, come i tramonti che annunciano il tempo che cambia. Bianca di dentro, come la neve, il latte, la ricotta che la lama del pastorello tagliando fa arrossare, bianca come i denti con i quali la si morde con voluttà, perché croccante nella sua agreste e sospetta freschezza, ambiguo trofeo che lega alle ali della passione Saffo e Santa Teresa, il godimento e la tragedia.
Con la sostanza di cui sono fatti i sogni gli uomini fabbricano da tempo immemorabile i segni con i quali popolano l’universo. In essi cercano la sua immagine, vicina o lontana, straniera agli occhi o familiare al cuore.
Il vero problema della mela non è nella sua immagine, ma nel gioco degli specchi che la riproduce e la moltiplica. Questi specchi sono come dei cancelli e i segni qualche volta funzionano da chiavi. Essi aprono o chiudono il senso e aiutano a superare la barriera della parole. L’Io, lo abbiamo appreso con Sigmund Freud, ha bisogno di referenze per rassicurarsi sulla sua identità, ma questa resta evanescente e spesso illusoria. Attraverso il segno l’immagine rivela le sue trappole, l’immaginazione con il suo teatro d’ombre e, al tempo stesso, penetra nello spirito della civilisation.
Sostituendo l’analogia alla logica il segno disperde ed unisce, s’irrigidisce e si liquefa, crea la “scrittura”, inspira la poesia e fa precipitare nel sacro, serve la tradizione e annuncia la novità, gli ancoraggi, le derive, si evolve.
La mela, dopo quelle verdi di Paul Cézanne, sono diventate un oggetto. Un oggetto prezioso che ci accompagna dal tempo del regno di Sumer, con i suoi eccessi allegorici, che il Medioevo ha coltivato. Essa ha oltrepassato e coltivato il suo significato simbolico, resistendo alle sventure gastronomiche e commerciali. Riposa sulle spalle di Atlantide con la sua forma, ha il gusto vivo dell’amore con il suo profumo, la sua linfa e la sua carne.
Tra le immagini è la più ricca nella sua semplicità, ha saputo evocare il godimento e il rischio, gli abiti culturali e le credenze popolari, gli inganni del politico e la vertigine dei misticismi.
Essa è oggetto vivo per i segreti del corpo, natura morta per i pittori, vecchio segno biblico, mistero monacale, dono del giardino celeste e utensile moderno al servizio della pubblicità, segno erotico di una sessualità senza ipocrisie, immagine organica e cosmica dell’innocenza vegetale, possessione e dono. Nel suo cuore i suoi semi resistono alla putrescenza, marcano la specie, sono il germe dell’avvenire, il margine inevitabile di ogni storia.
Obiettivo dell’esercitazione è “di mettere a nudo” un carattere di questo frutto da usare come branded icona per una comunicazione sociale rivolta ai giovani allo scopo di combattere la guida in stato di ebbrezza.
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Ogni gruppo può elaborare il progetto di comunicazione di questa esercitazione con il mezzo espressivo che meglio ritiene opportuno, disegno, foto, fumetto, collage, video, rappresentazione elaborata per via elettronica.
L’elaborato dovrà essere consegnato in copia su dischetto, accompagnato da una breve relazione esplicativa. Non sono accettati altri supporti.