A – IED, Milano. Anno accademico 2009-2010
Cattedra di sociologia.
(Esercitazioni)
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Esercitazione numero undici.
Interpretazione del “Body-Sushi”.
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Questo recente fenomeno di costume, conosciuto negli Stati Uniti con il nome di body sushi, è più una performance che un’esperienza culinaria nel vero senso del termine. Proviamo a descriverlo.
Una modella, che con un bagno di acqua fredda ha abbassato la sua temperatura corporea, si distende nuda su un tavolo ed è ricoperta da tante piccole preparazioni alla mano. Del suo corpo resta scoperto solo il viso, contornato dalla preparazione principale che è il sushi.
In breve, è un pranzo o un’opera d’arte?
In entrambi i casi è l’ennesima degradazione del corpo femminile che viene giustificata nei modi più diversi, anche ricorrendo alla tradizione storica, cioè, ad alcune antiche usanze della corte del Sol levante.
Oggi è molto popolare in Giappone, in Cina, in California e a New York, ma quel evidente tratto di perversione che contiene ha fatto si che le ragazze-piatto – di solito provengono dai paesi slavi – siano divenute popolari anche in molti piccoli centri di provincia europei così come nei paesi arabi.
In Giappone il body sushi è in qualche modo giustificato dalla stretta relazione sensuale che esiste tra cibo, arte e sessualità. Là dove invece è tollerato o è clandestino i suoi censori sottolineano, oltre all’oltraggio della femminilità, la mancanza di igiene.
Questo fenomeno ha attecchito soprattutto tra le società di catering, per ragioni di riservatezza.
C’è poi da notare che, con il diffondersi del fenomeno, la quantità di cibo sul corpo delle ragazze è diminuito per lasciare spazio alla nudità. Diverse società di catering della California hanno di recente introdotto anche il dessert, vale a dire, una ragazza cosparsa di cioccolata da leccare.
In Giappone il nyotoiamori, alla lettera, il corpo di donna adornato, in questa versione moderna del body sushi, è considerato una forma di performance art, un’esperienza estetica che mette insieme un corpo, una forma, dei sapori. Ma la versione occidentalizzata del sushi è così nuova e trasgressiva come sembra e, poi, che cosa nasconde?
Certamente un desiderio camuffato nel quale mangiare l’altro è, insieme, espressione di un potere di coercizione e di un godimento. Mangiare e fare, nel discorso scurrile, indicano l’atto sessuale.
In Miroir de l’âme pécheresse (Specchio dell’anima peccatrice) uscito nel 1531, la grande libertina, Margherita di Navarra, scrittrice e poetessa, scrive: Oh, se esse sapessero che cos’era divorare della carne cruda la notte!
Nel 1925, Cecil Blount de Mille nel film The Golden Bed, gira una sequenza nella quale un gruppo di uomini in abito da sera divorano la “donna-toffoletta”, la donna “marschmallow”, dal nome di certi dolci ottenuti dalla malva e molto popolari negli Stati Uniti. Era l’attrice inglese Lillian Rich, una delle più famose silent ladies del cinema.
Per venire più vicino a noi, durante l’inaugurazione dell’esposizione internazionale del surrealismo, che si tenne a Parigi nell’inverno del 1959, la giovane e bella Méret Oppenheim, si offrì in pasto ai suoi amici, distesa su un tavolo, circondata da aragoste, frutti di mare, ricci e bottiglie di champagne. Da quel giorno non c’è celebrazione del surrealismo senza che una ragazza finisca nuda su un tavolo semisommersa di cibo ed offerta ai piaceri dei critici d’arte e dei collezionisti.
In termini psico-analitici dovremmo parlare di iconofagia. Gottfried Leibniz chiama appetizione il frutto di appetito e desiderio. Il frutto d’inquietudini che ci attraversano e spesso ci dominano. Da tempo sappiamo che il nostro corpo non mangia solo materie nutritive, ma anche e soprattutto rappresentazioni. Più semplicemente noi abbiamo bisogno di un consumo simbolico, oltre che di uno reale, delle cose che popolano il mondo, un consumo affatto fittizio, che ha una funzione compensatoria per l’ansia che “divora” la tavola dell’onnivoro.
Più poeticamente, noi sappiamo mordere le immagini. Ce lo suggerisce un libro inquietante, Naked Lunch di William S. Burroughs, parlando degli occhi che diventano bocche. Di immagini che, a differenza del cibo, non sono mai assimilabili, che ci fanno sperimentare l’impossibile consumo dell’Altro e devastano il desiderio. Se, come sostiene Jacques Lacan, il desiderio dell’uomo è il desiderio dell’Altro, allora, forse, noi possiamo sedarlo moltiplicando le nostre illusioni, fino al paradosso del body sushi, cioè, fino al punto di trascinare la sessualità nella trappola di un boccone che non potrà mai sfamarci.
Tema dell’esercitazione è la progettazione di una brochure, di un book fotografico (autoprodotto) o di un breve filmato per il lancio in Italia di un servizio di “body-sushi” da parte di una società di catering.
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L’elaborato dovrà essere presentato su dischetto, accompagnato da una breve relazione esplicativa.
Quindi nel film sex and the city, Samantha non aveva inventato niente nella scena in cui si cosparge di sushi…