D – IED, Milano. Anno accademico 2010-2011
Cattedra di sociologia.
Esercitazione numero CINQUE.
Giovedì 5 maggio 2011
***
DALLA PARTE DI FIDO!
(La questione animale. La scienza e la coscienza.)
Non chiederti se l’animale pensa. Non chiederti se l’animale parla.
Chiediti se l’animale soffre.
Jeremy Bentham.
Ogni animale è nel mondo come l’acqua
dentro l’acqua.
George Bataille.
Nei laboratori dove si pratica la vivisezione ogni anno “transitano” – vale a dire sono infettati, ammalati, mutilati, uccisi – più di cento milioni di animali. Di questi dodici milioni solo in Europa.
Di fatto nei ventisette paesi dell’Unione Europea si sperimenta su tutto ciò che vive, si riproduce e ha cuccioli: non solo topi, ratti e conigli, ma cavalli, asini, furetti, cincillà, gerbilli, castori,
marmotte, scoiattoli di terra, tassi, foche, lontre, puzzole. Tra gli uccelli, quaglie, pappagalli e canarini. Tra gli “animali da fattoria”: mucche, maiali, galline, pecore, capre. La fantasia degli sperimentatori non ha limite. Catturano, imprigionano e poi sperimentano sugli anfibi, sui rettili, sui pesci e sui pipistrelli. Sperimentano sui lama, sui topi delle piramidi, sui criceti armeni, sulle
volpi e sulle foche. E, naturalmente, sperimentano sui cani (21.315 esemplari nel 2008), sui gatti (4.088 esemplari) e sulle scimmie (10.449 esemplari).
(Dati (°) tratti dall’ultima Relazione della Commissione Europea Relativa al 2008).
Questa situazione è destinata a peggiorare e sta peggiorando con l’approvazione del settembre 2010 della nuova Direttiva Europea sulla Vivisezione.
(Direttiva 2010/63/UE, articoli di legge e Allegato VIII).
In particolare la nuova legislazione consente, tra le altre cose, di sperimentare sui primati anche in assenza di gravi motivazioni riguardanti la salute umana. Sperimentare su cani e gatti randagi riutilizzando più volte lo stesso animale anche con procedure che provocano intenso dolore, angoscia e sofferenza. Sperimentare senza anestesia, non somministrare antidolorifici a un animale sei ricercatori lo ritengono opportuno. Sperimentare su animali vivi a scopi didattici. Somministrare scosse elettriche fino a indurre impotenza fisiologica. Praticare toracotomie (cioè l’apertura del torace) senza somministrare analgesici. Costringere gli animali al nuoto forzato fino alla morte. Tenere in isolamento totale per lunghi periodi animali sociali come i cani e i primati.
Cosa impedisce al miserabile edificio della vivisezione di crollare?
Che cosa lo tiene in piedi se non gli interessi economici che sono alla radice del nostro sistema di produzione e consumo.
Ha affermato Claude Reiss, fisico e biologo cellulare, ex direttore al CNRS di Parigi: “Il fatto che la stessa sostanza possa essere dichiarata inoffensiva o cancerogena a seconda della specie animale utilizzata, fa della sperimentazione animale lo strumento per eccellenza per commercializzare ogni tipo di prodotto, anche se pericoloso, e per mettere a tacere le vittime che osassero fare causa al produttore”.
Ma altri potentissimi fattori si oppongono al cambiamento sono la mentalità, la chiusura, l’arroccamento, gli interessi spiccioli dei primari ospedalieri, dei tecnici, dei biologi, de baroni universitari che dalla vivisezione traggono lo stipendio e se va bene anche la fama.
Roger E. Ulrich, psicologo comportamentista americano, ex vivisettore pentito, lo ha detto chiaramente nelle sue memorie: “Che cosa fungeva da rinforzo per i miei maltrattamenti di creature innocenti? Per esempio, le piacevoli sensazioni che accompagnano i finanziamenti, la pubblicazione di articoli e le conferenze…”.
Possiamo immaginare una società che non mortifichi né uccida, straziandoli, milioni di animali? Quali incubi i vivisettori chiamano sogni? Su che cosa fondano la loro autostima? Possiamo determinare una svolta culturale tale per cui essi non possano più trovare riparo dietro le ipocrite giustificazioni di uno scientismo tanto arrogante quanto fumoso e privo di sostanza?
Si può realizzare un “Animal Liberation Front” che prenda partito, al di là della politica, delle religioni, del luogo comune che vuole gli animali al servizio degli uomini, per la loro vita?
Obiettivo dell’esercitazione è di realizzare un marchio, un manifesto visivo ed eventualmente un breve filmato che contenga questo messaggio: no all’uso della vita, della sofferenza e della libertà degli animali per la sperimentazione, la produzione e la ricerca.
******
(Questa esercitazione è realizzata con la collaborazione di Vanna Brocca, direttore responsabile del giornale della LEAL – Lega Antivivisezionista.)
********************
BRAVIIIIIII!!!!!!!!!!!!!!!!!! FANTASTICI!!!!!!!!!
Spero vivamente che grazie ad internet che permette un’informazione meno censurata di quella degli altri mass media, la gente sia meno cieca di fronte a quanto ancora accade e che urli il proprio disgusto a tali inutili crudeltà. Ma visto che spesso le nostre urla rimango inascoltate, è estremamente importante divulgare informazioni almeno su tutti i prodotti non testati su animali di modo che si possa boicottare il mercato della crudeltà, non acquistando più nulla che sia frutto di sofferenze degli animali. Siamo noi che facciamo l’economia e dobbiamo produrre la domanda dei prodotti che riteniamo giusti e… far fallire miseramente chi non rispetta gli animali a meno che non si adegui.
Informare, informare, informare il più possibile, perché anche se tanti preferiscono girarsi dall’altra parte e far finta di nulla perché “quella tale marca fa la pelle liscia” e quindi chi se ne importa, tanti non sanno assolutamente nulla, mentre se solo sapessero farebbero la loro parte.
Non mollate! Non molliamo!
Questa cosa e`meravigliosa. Bravissimi.