Esercitazione 6 – 2008-09 (5 – parte II)

IED – Sociologia – Anno accademico 2008-2009. 

Tema della settima esercitazione.
IL LABIRINTO NELLA MODERNITÁ, COMPLESSITÁ E CAOS.  (parte seconda) 
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Traccia per l’esercitazione.
“Noi preferiamo le vie tortuose per arrivare alla verità”, lo scrive Friedrich Nietzsche in Ecce homo, evocando gli eroismi della ragione.
Il labirinto con la modernità perde la sua aurea mitologica e religiosa per rivelarsi una metafora dell’erranza senza direzioni, un’espressione della complessità e del caos creativo.  Un riflesso di quella perdita di centro che coinvolge, a partire dai linguaggi, tutta l’episteme contemporanea.
Nelle arti appare come il crinale sul quale ritroviamo le avanguardie storiche, futurismo, astrattismo, dada, surrealismo con le loro poetiche disarticolate e asintattiche.  Su di esso l’artista – come Teseo – sembra essere il solo a possedere l’arguzia e la tecnica necessaria per attraversare e sfidare tutti i percorsi del sapere e, nello stesso tempo, inverare nell’opera l’irrazionalità della ragione, l’ombra che mette a nudo la verità delle cose.
In Giacomo Balla il labirinto è una sintesi dinamica di luce, colore, velocità, compenetrazione di iridescenze.  Per Paul Klee è un archetipo della sostanza invisibile, percorso estetico tra i “microrganismi” che popolano l’inconscio, strada secondaria e sicura per raggiungere città immaginarie.  Per il teosofo Piet Mondrian è un riflesso della realtà pura che parte da un albero e corre verso un centro che è mera astrazione.  In Marcel Duchamp il labirinto è un gioco della metis, un inganno, come nei ready made. Una trappola per gli scapoli che insidiano la sposa.  Jean Mirò mette in luce l’aspetto letterario del mito del labirinto e lo trasforma in un modello e in un motivo poetico che ricorda anche l’opera di un altro artista surrealista, René Magritte, in cui il motivo poetico corrode il significato degli oggetti privandoli del nome.  L’enigma che sta dietro i labirinti ritorna con la pittura metafisica, con le piazze italiane di Giorgio De Chirico e i meandri del mito di Alberto Savinio.  Per venire più vicino a noi, il labirinto è l’essenza delle ossessioni nevrotiche di Giuseppe Capogrossi, è la “cifra” stilistica di Jackson Pollock che vuole celebrare nel gesto la libertà della fantasia e incidere con il segno la linea sottile che divide l’immaginario dal simbolico.  Ancora, il labirinto guida la geometria delle strutture primarie in Robert Morris, come nel suo Philadelphia labyrinth del 1974, il confabulamento naturalistico di Mario Merz, l’elegia del segno contratto in Jannin Kounellis, come nel suo Atto unico del 2002, le giravolte di Vettor Pisani sui battifredi rosacrociani, il lavoro di Claudio Parmiggiani sulla metafora come di una scialuppa per il solido terreno dei sogni.
Infine, non possiamo non ricordare i “labirinti elettronici” dentro cui, oggi, confluiscono le tematiche dei videogiochi narrativi, in cui prova, enigma iniziazione e soluzione agiscono come parole chiave degli universi del fantastico.

Obiettivo dell’esercitazione.  Scegliere un artista tra quelli citati e…falsificarlo, vale a dire, imitare il suo stile e la sua poetica per realizzare una “sua” opera sul tema del labirinto. 

Ogni gruppo può elaborare l’immagine di questa esercitazione con il mezzo espressivo che meglio ritiene opportuno, disegno, foto, fumetto, collage, rappresentazione elaborata per via elettronica.
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L’elaborato dovrà essere presentato stampato su carta e in dischetto, accompagnato da una breve relazione esplicativa.  Non sono accettati altri supporti. 

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Il labirinto

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