Chi vorrei essere in un mondo di carta? – IED – Esercitazione 2 – 2010-2011

IED, Milano. Anno accademico 2010-2011
Cattedra di sociologia.

(Esercitazioni)
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Esercitazione numero due.

22 novembre 2010

YELLOW KID, I PRESUME!

Chi vorrei essere in un mondo di carta?

La parola “storia” contiene in sé la radice indoeuropea del verbo“vedere”.
In latino è historia in greco
ἱστορία(istoría). Chi sa vedere sa.

Se non io chi? Un cavaliere dello spazio interiore? Una regina di cuori tra armigeri usciti da un mazzo di carte da gioco? Un supereroe? Un bandito gentiluomo? Una fata? Tintin?

Dove vivrei? In una realtà parallela, nel futuro che sogniamo, tra le streghe del Medioevo, in un seinen manga, nella foresta di Sherwood, a Paperopoli?

Platone ha fatto dell’Altro una categoria che fronteggia ciò che (io) sono (autos), non solo come differenza, ma anche come coscienza di sé. Da qui Hegel, per il quale l’Altro non dovrebbe mai minacciare la nostra identità, ma costituirla.

Nel pensiero psicanalitico l’Altro non è soltanto l’altro-da-noi, perché nell’altro immaginario ci sono le radici del simbolico – della legge, del linguaggio, dell’inconscio, in breve del soggetto. In questo senso concorre a difendere l’Io, a modellare il proprio comportamento, ad identificarsi positivamente con i nostri ideali o, negli stati d’ansia e di smarrimento della realtà, a valutare la nostra adeguatezza. In questo contesto le identificazioni sono importanti perché lasciano tracce durevoli sulla personalità. Va da sé, nella cultura occidentale le identificazioni più incisive avvengono con i genitori o le persone con cui si è a contatto, ma non sono le sole possibili, si possono avere identificazioni anche con persone che non conosciamo e che fanno presa su di noi per il loro fascino.

Altre volte l’identificazione avviene con personaggi immaginari, eroi di romanzi, attori, protagonisti di fumetti. La psicologa Lauretta Bender, famosa per il suo test sulla valutazione della maturità visivo-motoria degli adolescenti (Bender Visual Motor Gestalt Test), riscontrò che l’identificazione con gli eroi dei comics era una importante risorsa terapeutica, tale da poter risolvere lo stato d’ansia dei bambini. Altri autori hanno rilevato come l’identificazione con i personaggi dei fumetti può sviluppare la capacità di role-taking, l’assunzione di ruolo, quello che nel linguaggio comune si dice “mettersi nei panni dell’altro”. Ad immagini e disegni, spesso sospesi dentro un riquadro di fumetto come dentro una storia, ricorre uno dei più famosi test proiettivi, il Thematic Apperception Test elaborato da Henry A. Murray.

Del resto da almeno un paio di generazioni i giovani sono nutriti d’immagini e di codici d’interpretazione visuale del mondo ben prima di essere capaci di leggere e scrivere e il fumetto – che Wolfang Goethe battezzò con entusiasmo “letteratura a stampe” – è soprattutto un linguaggio più che un genere, di un estremo realismo formale. Il suo mondo abitato da personaggi esalta e rende espliciti i sentimenti e le passioni, consente quell’autoinganno – individuale e sociale – che nella neo-modernità costituisce un patteggiamento con le forme di esistenza mancata.

Obiettivo dell’esercitazione è la realizzazione di un autoritratto in un luogo virtuale scelto tra quelli di un qualunque fumetto che esprima ciò che idealmente lo studente vorrebbe essere.

Utilizzare, come formule espressive, soltanto il luogo e gli elementi che compongono il “mondo di carta” selezionato.

L’autoritratto o gli autoritratti di ciascuno se si è formato un gruppo (leggere con cura le istruzioni sul foglio delle modalità di esame) possono essere elaborati con il mezzo espressivo che si ritiene più opportuno, disegno, foto, fumetto, collage, rappresentazione elaborata per via elettronica.

L’elaborato dovrà essere presentato su dischetto, accompagnato da una breve relazione esplicativa.

Non sono accettati altri supporti.

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