IED – Sociologia – Anno accademico 2008-2009.
Tema della settima esercitazione.
    IL LABIRINTO NELLA MODERNITÁ, COMPLESSITÁ E CAOS.  (parte seconda)  
    ***
    Traccia per l’esercitazione.
  “Noi preferiamo le  vie tortuose per arrivare alla verità”, lo scrive Friedrich Nietzsche in Ecce homo, evocando gli eroismi della  ragione.
  Il labirinto con la  modernità perde la sua aurea mitologica e religiosa per rivelarsi una metafora  dell’erranza senza direzioni, un’espressione della complessità e del caos  creativo.  Un riflesso di quella perdita  di centro che coinvolge, a partire dai linguaggi, tutta l’episteme  contemporanea.
  Nelle arti appare  come il crinale sul quale ritroviamo le avanguardie storiche, futurismo,  astrattismo, dada, surrealismo con le loro poetiche disarticolate e  asintattiche.  Su di esso l’artista –  come Teseo – sembra essere il solo a possedere l’arguzia e la tecnica  necessaria per attraversare e sfidare tutti i percorsi del sapere e, nello  stesso tempo, inverare nell’opera l’irrazionalità della ragione, l’ombra che  mette a nudo la verità delle cose.
  In Giacomo Balla il  labirinto è una sintesi dinamica di luce, colore, velocità, compenetrazione di  iridescenze.  Per Paul Klee è un archetipo della sostanza invisibile, percorso  estetico tra i “microrganismi” che popolano l’inconscio, strada secondaria e  sicura per raggiungere città immaginarie.   Per il teosofo Piet Mondrian  è un riflesso della realtà pura che parte da un albero e corre verso un centro  che è mera astrazione.  In Marcel Duchamp  il labirinto è un gioco della metis, un inganno, come nei ready made. Una trappola per gli scapoli che insidiano la sposa.  Jean Mirò mette in luce l’aspetto letterario  del mito del labirinto e lo trasforma in un modello e in un motivo poetico che  ricorda anche l’opera di un altro artista surrealista, René Magritte, in cui il  motivo poetico corrode il significato degli oggetti privandoli del nome.  L’enigma che sta dietro i labirinti ritorna  con la pittura metafisica, con le piazze italiane di Giorgio De Chirico e i  meandri del mito di Alberto Savinio.  Per venire più vicino a noi, il labirinto è  l’essenza delle ossessioni nevrotiche di Giuseppe Capogrossi,  è la “cifra” stilistica di Jackson Pollock che vuole celebrare nel gesto la  libertà della fantasia e incidere con il segno la linea sottile che divide  l’immaginario dal simbolico.  Ancora, il  labirinto guida la geometria delle strutture primarie in Robert Morris, come nel suo Philadelphia labyrinth del 1974,  il confabulamento naturalistico di Mario Merz,  l’elegia del segno contratto in Jannin Kounellis, come nel suo Atto  unico del 2002, le giravolte di Vettor Pisani sui  battifredi rosacrociani, il lavoro di Claudio Parmiggiani sulla metafora come di una scialuppa per il  solido terreno dei sogni.
  Infine, non possiamo  non ricordare i “labirinti elettronici” dentro cui,  oggi, confluiscono le tematiche dei videogiochi narrativi, in cui prova, enigma  iniziazione e soluzione agiscono come parole chiave degli universi del  fantastico.
Obiettivo dell’esercitazione. Scegliere un artista tra quelli citati e…falsificarlo, vale a dire, imitare il suo stile e la sua poetica per realizzare una “sua” opera sul tema del labirinto.
Ogni gruppo può elaborare l’immagine di questa esercitazione con il  mezzo espressivo che meglio ritiene opportuno, disegno, foto, fumetto, collage,  rappresentazione elaborata per via elettronica.
  **************************
  L’elaborato dovrà  essere presentato stampato su carta e in dischetto, accompagnato da una  breve relazione esplicativa.  Non sono accettati altri supporti.  






